mercoledì 3 dicembre 2014

Le avventure di Hergé, Jacobs, Jijé, Franquin e Morris


Da alcuni anni sia in Francia che in Belgio il successo, meritatissimo, dei fumetti creati da Hergé, Jijé, Jacobs, Morris e Franquin, astri del firmamento della BeDé belga, ha contribuito a una loro mitizzazione, una sorta di “adorazione sacra” presso i lettori abituali. Basti pensare al merchandising collegato ai loro eroi e ai simboli contenuti nelle loro storie, divenuti veri tormentoni visibili ovunque nei paesi francofoni: il razzo a scacchi bianchi e rossi di Tintin, il Marchio Giallo di Blake et Mortimer o il cappello di Spirou. E che dire dell’ovattata atmosfera “curiale” che vige nel Museo Hergé a Louvain-le-Neuve?


Fiumi di parole sono stati scritti su questi grandi artisti della Nona Arte gli scaffali delle librerie sono stati invasi da biografie, saggi, ricerche e riedizioni a getto continuo delle loro opere. Nell’elenco mancava solo una cosa, una loro biografia a fumetti, quella che di solito si riserva ai grandi personaggi storico-religiosi. Ora anche questa meta è stata conquistata.


Nel 1999 la casa editrice Reporter ha pubblicato un volume di 56 pagine, Les Aventures d’Hergé di José-Louis Bocquet e Jean-Luc Fromental, ambedue editori della bande dessinée (il primo presso la Dupuis, il secondo presso Denoël Graphic) e appassionati dell’universo di Tintin, su disegni di Stanislas Barthelémy. Nel 2007 è stata pubblicata una versione integrale di 64 pagine, mentre nel 2011 è uscita una terza edizione di 72 pagine per la Dargaud, tutte con copertine differenti. 


La biografia è un omaggio al creatore di Tintin e procede per tavole successive che rispettano l’ordine cronologico degli eventi principali della controversa vita di Hergé. Pur presentando numerosi aneddoti mancano i punti di vista troppo polemici: si accenna al suo debole per le giovani donne e per il bere e non si fa cenno al suo presunto coinvolgimento con l’occupante nazista.


Il racconto illustra i momenti in cui importanti protagonisti della BD belga lo hanno aiutato nella creazione dell’universo tintiniano: Edgar P. Jacobs, Jacques Martin, Bob De Moor, Jacques Van Melkebeke, Raymond Leblanc.


Ben delineata la parte iconografica di Stanislas, il quale è riuscito a rendere un doppio omaggio a Hergé, utilizzando per la narrazione della sua biografia uno stile che si rifà alla Linea Chiara. I tintinologi  vi possono trovare parecchie citazioni riprese dalle avventure di Tintin.


Dopo Hergé è la volta dell’altro grande autore belga, Edgar Pierre Jacobs. Il soggettista Daniel Jacquette Rodolphe ha scritto una sua biografia disegnata da Louis Alloing, sempre con uno stile prossimo a quella della Linea Chiara. Il titolo, Le Marque Jacobs, che richiama il racconto più emblematico di Jacobs, è stato pubblicato nel 2012 dall’editore Delcourt.


La biografia ripercorre le tappe della vita del creatore di Blake et Mortimer, gli incontri basilari con gli amici, mai rinnegati, Van Melkebeke, Laudy e infine con Hergé, le sue vicissitudini familiari, il suo amaro declino di uomo e di artista solitario.


L’uscita del volume è stata preceduta da un’azione legale presso un tribunale parigino contro l’editore Delcourt intentata da Média Participations, proprietaria, tramite Dargaud, dei diritti di riproduzione dell’opera di Jacobs. L’accusa: aver superato ampiamente i limiti di un’accettabile citazione nella copertina in cui sono rappresentati personaggi e riferimenti dell’opera jacobsiana.


Fortunatamente, il tribunale ha rigettato la richiesta e il volume è uscito in Francia e in Belgio nelle date previste.
La vita di un grande autore non è proprietà di nessuno, se non dei suoi lettori!


Molto più godibile, rispetto ai precedenti, il volume Dupuis intitolato Los Gringos locos (2012), con testi di Yann e disegni di Olivier Schwartz. Il soggettista Yann presenta in un sol colpo tre grandi autori belgi, Jijé, Morris e Franquin, raccontando, in maniera picaresca, le note vicende del loro viaggio intrapreso nel Messico e negli Stati Uniti. Jijé, fervente cattolico, decide con la famiglia e i due giovani allievi-amici Franquin e Morris di abbandonare l’Europa per sfuggire alla paura di una Terza guerra mondiale e a una improbabile supremazia del Comunismo.


In quell’epoca l’America rappresentava per gli autori del fumetto europeo l’Eldorado: i comics, Hollywood, lo swing, la vita on the road.
Comprensibile il loro desiderio di andare verso la Mecca del fumetto di allora. Yann descrive un divertente carnet di viaggio, in cui gli amati autori sono rappresentati come i protagonisti di un road movie umoristico. Non mancano camei di Victor Hubinon e altri colleghi del mitico gruppo facente capo a Le Journal de Spirou.


La narrazione va ampiamente contro l’idealizzazione che noi lettori-ammiratori ci siamo fatti di questi autori, perché ci ricorda che essi erano esseri umani, con tutto il bagaglio delle loro debolezze. Mette in evidenza, altresì, tutto il candore e l’innocenza di un periodo in cui gli autori disegnavano fumetti, considerati oggi capolavori, per il puro divertimento dei ragazzi. Purtroppo la ricostruzione di Yann, fatta anche in base a ricordi da lui ottenuti in prima persona da Franquin e Morris e da colloqui con gli eredi ha sollevato qualche problema.


Mentre la figlia di Franquin e la vedova di Morris non hanno avuto nulla da ridire, la biografia non è piaciuta ai figli di Jijé che ne avrebbero preferito una, come dire?, più canonica. Sicuramente non avranno apprezzato la rappresentazione caricaturale del proprio padre, il suo modo di vestire, la ipotetica tirchieria e, forse, la notizia della passione dell’insicuro e imbranato Franquin per la moglie di Jijé e loro madre, raffigurata con curve alla Betty Page! Secondo il loro giudizio Jijé padre non aveva nulla a che fare con questo simpatico personaggio del racconto, come chiosa Benoit Jijé (Bonux Boy): “Jijé non ha niente a che vedere con Charlie-Hebdo!”


Ma perché Yann ha messo l’accento proprio su questo viaggio? Perché l’incontro dei tre autori con l’umorismo ebreo new-yorkese ha cambiato la loro concezione sulla BD, rendendola quello che è diventata in seguito, un prodotto per adulti, la celebrata Nona Arte.
Lo stile grafico utilizzato da  Schwartz ricorda molto quello di Yves Chaland, anzi l’artista ammette di avere ripreso la figura di Jijé proprio da un omaggio in otto tavole di Chaland all’autore belga, pubblicato su Métal Hurlant n.64 (1980).


La piacevole serie proseguirà in un secondo volume intitolato Crazy Belgians, in cui entrerà in scena un altro gigante della BD, René Goscinny.
Imperdibile!


1 commento:

fortunato ha detto...

Li ho letti tutti e tre (ehm, quello su Hergé l'ho letto in… inglese).

Non posso discutere della correttezza delle ricostruzioni biografiche, ma, in effetti, il terzo è decisamente il più divertente e spero che ci sarà davvero un seguito.
Al contrario, quello su Jacobs è mooooolto malinconico…

In ogni caso, sembra strano che proprio la famiglia di Jijé si sia infastidita: Jijé ha realizzato tanti "biocomics" e certamente era conscio della necessità di romanzare.